Siccome oggi faceva davvero troppo caldo ho infilato le ciabatte e mi sono rifugiata all’ANPI. La sede dell’ANPI a Vercelli è un posto umido, un po’ gelato d’inverno, ma decisamente ottimo d’estate: con la finestra aperta ad asciugare un po’ la stanza si è creato un microclima perfetto.
Sì, bisogna dirlo: evviva i muri dei palazzi antichi e un po’ decadenti capaci di garantire la sopravvivenza in condizioni di reale necessità.
All’ANPI in fondo c’è quasi sempre qualcosa da fare: per un po’ di mesi mi sono occupata di digitalizzare l’elenco degli iscritti, poi si è trattato di dare una mano alla raccolta dell’elenco dei partigiani ancora in vita e oggi abbiamo condiviso la risposta positiva del Comune per poter procedere alla ristrutturazione di una lapide che ricorda una partigiana caduta in città. Una ditta che si occupa di marmi si è offerta di sostenere il restauro dopo che un giornalista locale ne aveva evidenziati evidenti problemi di conservazione, ma mancava l’autorizzazione finale arrivata oggi per procedere. La memoria non solo ha bisogno di studio e lettura, ma anche di cura costante e attenzione di tutti e questa piccola storia è uno di quegli esempi belli che fanno brillare questa città di un po’ di luce speciale.
Vado all’ANPI ogni volta che posso, ma oggi sentivo di doverci andare una volta di più dopo aver visto sui giornali online locali le macchine della guardia di finanza davanti al portone del palazzo. Oh, non erano lì a cercare il vecchio computer della sede, ma quelli dei padroni di casa, il Comune di Vercelli. Non si sa ancor bene, dicono i giornali, in relazione a cosa vi sia stata quest’operazione, cert’è che a me, un pochino, quelle foto della Guardia di Finanza sotto le insegna di tante associazioni locali, ha fatto venir voglia di aspettare l’orario in cui la sede dell’ANPI apre di solito, e andare lì, a presidiare.
Perché ecco, non so cosa troveranno mai i finanzieri dentro a computer di una rete comunale che, ci si augura, funziona secondo accurati sistemi di repository documentale centralizzati, ma certo hanno fatto scena.
E io a quella scena evitabile, così tanto filmografia anni novanta, così poco utili anche a dare la giusta dignità all’operato delle forze dell’ordine (portarsi via l’intero pc, suvvia, serviva davvero?) vorrei si riuscisse a dire basta.
Non saprei definirlo bene quel bisogno di Resistenza che mi sento addosso (alle indagini spettacolo, alle istituzioni discreditate prima ancora di sapere per cosa, alle fotografie simboliche che finiscono con macchiare anche le cose buone, al tentativo in questi mesi di usare le vie legali per risolvere beghe politiche), ma certo è che è ancora lì e da questa mattina non se ne vuole andare via.
E forse neppure voglio che se ne vada, perché il fondo della Crisi lo si tocca forse quando arriva l’accettazione di tutto, quando è concesso il brodo dei simboli, quando ci si augura ci siano altri a preoccuparsi di cose di cui non abbiamo più tempo o voglia di prenderci cura, quando magari si prova anche un po’ di soddisfazione davanti a notizie come quella della Guardia di Finanza che entra negli uffici comunali, che indica il dubbio sulle istituzioni.
Cos’abbiamo dimenticato di fare affinché non accadesse?
C’era un bel freschino oggi nella sede dell’ANPI e senza bisogno di accendere ventole e condizionatori abbiamo sconfitto il caldo per un paio d’ore. Per tutto il resto ci vorrà molto di più. Non solo in termini di tempo.
P.S.: E ovviamente come si dice in questi casi “aspettiamo che la giustizia faccia il suo corso”. Ma è normale sentirlo ripetere di continuo?