Doveva accadere. Non poteva certo durare per sempre: lui che mi guarda scuotendo la testa, la ricerca continua di una presa di corrente…

Così l’ho fatto. Ho disinstallato l’applicazione di Pokemon Go dal mio iPhone, dopo un appassionato mese condito da chilometri a piedi, incontri piacevoli e meno piacevoli, nuovi dettagli di città scoperti, ecc. ecc.

Qualcuno ecco, dirà “Era ora! Proprio tu che giocavi a quella cosa!”, qualcuno si domanderà come ho potuto chiudere in un cassetto un gioco tanto divertente, ma ecco, non ci piacevamo più, io e Pokemon Go. Così l’altra sera, complice una convincente birretta da Orti.ca ho cancellato tutto.

Il fatto è che mi aveva davvero stancata guardare il racconto del territorio attraverso quel giochetto lì. E se all’inizio mi aveva un po’ messo davanti ad una rappresentazione delle periferie tale da sembrarmi fin troppo in linea con la realtà, beh, dopo un breve ritorno al mio paesino natale mi sono accorta che le cose erano un po’ più complesse e ben più fastidiose.

Per chi non lo conoscesse il gioco si basa sulla cattura di piccole bestioline fantastiche che compaiono nel monitor del proprio telefono posizionate geograficamente in una mappa. Tali bestioline sono catturabili utilizzando le pokeball, elementi di cui si può far scorta passeggiando alla ricerca di punti definiti pokestop. Di tanto in tanto camminando in giro la mappa potrebbe indicarci la presenza di qualche palestra, luoghi ove poter allenare i propri Pokemon guadagnando punti ecc. ecc. Insomma per poter giocare, conquistare punti, evolvere di livello occorre che nel luogo dove ci si trova sia facile trovare qualche pokestop dove raccogliere pokeball, che ci siano pokemon carini da catturare e vi sia qualche palestra dove poterli allenare per divertirsi un po’ di più.

Più di qualche “consulente marketing” si è impegnato a sottolineare la fortuna  per gli esercenti di questo nuovo gioco, ma all’oggi non è ancora possibile proporre il proprio esercizio commerciale come palestra o poke store.

Da quanto letto i pokestop e le palestre sono state posizionate in corrispondenza di luoghi ereditati da un precedente gioco sviluppato dalla Niantic e al momento lì sono e lì restano: luoghi, decorazioni sui muri ecc ecc che nell’app sono descritti con una frase ed una foto, solitamente corrispondenti a luoghi artistici o di interesse storico del territorio. Chiese, cimiteri, palazzi, monumenti particolari, anche recenti, e qualche volta cose che non ci sono nemmeno più.

Giocare nei centri delle città è facile e divertente, si acquisiscono punti in fretta, si aumenta di livello, si può passeggiare tra i negozi aspettando un pokemon o l’altro. E più la città è grande più sono i luoghi censiti. (Poche ore di caccia a Milano e Torino mi sono bastate per conquistare punti che a Vercelli mi richiedevano il doppio del tempo.)

Ma a mano a mano che dalle città ci si sposta nelle periferie ecco che il quadro cambia: è vero, di periferie belle non è pieno il mondo. Di periferie ricche di monumenti, palazzi importanti ecc ecc non credo di averne mai viste. E quindi di pokestop e palestre è “giusto” non ve ne siano.

Per un po’ ho dato ragione al gioco. Ma poi, come dicevo, ho trascorso un po’ di tempo in paese. Duemila abitanti e solo una palestra e un pokestop, tra l’altro con la descrizione sbagliata. Come se non ci fossero parchi gioco, monumenti, vecchie case, come se non ci fossero punti che meritano di essere notati e conosciuti. E la situazione non era poi diversa in tutti gli altri paesini attorno.

Come se ad un ragazzino nato in paese, periferia di tante periferie, non restasse che trovare il modo di raggiungere qualche centro città per giocare al giochino del momento, per sentirsi parte. Come se potesse. Come se la rappresentazione delle campagne che si svuotano in assenza di risorse per muoversi verso le ricche città avesse ancora senso .

[Sarà, pensiero al volo, che mi è venuta una forma mentis un po’ troppo collaborativa, di messa in comune di contributi, di condivisione, cosa che al gioco a quanto pare non interessa proprio.]

Poi ci si domanda come mai ci sia chi ricorre a bot automatici per collezionare punti e avanzare di livello. Come mai ci sia chi, per quel che dovrebbe essere solo un gioco, è disposto all’inganno.

Certo, se si fosse concesso ai giocatori di proporre un racconto altro del proprio territorio, si fosse dato modo a tutti di sentirsene parte davvero (sentimento che c’è se andiamo a contare i tanti gruppi su Facebook nati in giro per il mondo), beh, forse allora sarebbe stata quella figata di cui tanti sono andati inizialmente narrando. Certo, se il gioco fosse stato un altro sarebbe stata un’opportunità da non perdere per realtà commerciali e non solo. Ma questo al momento è.

E intanto a me resta solo un po’ di una specie di inutile tristezza. Non mi sarebbe dispiaciuto trovare un altro paio di Pikachu. Ma davvero, non ci riesco più.

(Sì, lo so che è solo un gioco. Sì, lo so che ci ho dato un’interpretazione che forse neanche non merita. Ma niente, è più forte di me.)

bye bye uccellaccio
bye bye uccellaccio
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